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Bonus celiachia: una guida essenziale per gli esercenti

29.11.2023

Bonus celiachia: una guida essenziale per gli esercenti

29.11.2023

Bonus celiachia: una guida essenziale per gli esercenti

Il bonus celiachia è un beneficio economico concesso da alcune regioni italiane a chi è affetto da celiachia, con l’obiettivo di supportare i costi legati all’acquisto di prodotti senza glutine. La celiachia è una malattia autoimmune che colpisce l’intestino tenue, caratterizzata da una reazione immunitaria permanente al glutine, una proteina presente in molti cereali come il frumento, l’orzo e la segale. Attualmente, l’unico trattamento efficace per la celiachia è una dieta rigorosamente priva di glutine. Ciò significa che i celiaci devono evitare tutti gli alimenti, bevande e farmaci che contengono glutine. Ecco una guida per gli esercenti che illustra le modalità con cui possono aderire al programma e fornire servizi ai beneficiari di tale bonus.

Il bonus celiachia: cos’è e come funziona

Il bonus celiachia è un contributo economico mensile che viene erogato ai pazienti celiaci, per aiutarli a coprire i costi dei prodotti alimentari speciali senza glutine, notoriamente più costosi dei corrispondenti prodotti con glutine. Questo bonus viene erogato sotto forma di voucher, che possono essere utilizzati presso gli esercizi commerciali aderenti al programma. Gli esercenti, a loro volta, possono riscuotere il valore dei voucher presso le Aziende Sanitarie Locali (ASL).

Come aderire al programma del bonus celiachia

Gli esercenti che desiderano aderire al programma del bonus celiachia devono prima registrarsi presso la propria ASL di riferimento. La registrazione comporta la compilazione di un modulo di adesione e la presentazione di alcuni documenti, tra cui la copia del documento di identità del titolare dell’esercizio e l’autorizzazione sanitaria all’esercizio dell’attività commerciale.

Dopo l’accettazione della domanda, gli esercenti ricevono una comunicazione ufficiale di adesione al programma. A questo punto, possono accettare i voucher del bonus celiachia come forma di pagamento per i prodotti senza glutine.

Come riscuotere i voucher del bonus celiachia

I voucher del bonus celiachia sono riscuotibili presso la ASL di competenza. Gli esercenti devono presentare i voucher originali, insieme a una dichiarazione che attesti l’avvenuta vendita dei prodotti senza glutine. Il pagamento avviene di norma entro 60 giorni dalla presentazione dei voucher.

È importante sottolineare che gli esercenti non possono riscuotere i voucher se non hanno in vendita prodotti senza glutine, o se i prodotti venduti non rispettano le normative vigenti in materia di cibi per celiaci.

La responsabilità degli esercenti

Gli esercenti hanno la responsabilità di garantire che i prodotti senza glutine venduti siano conformi alle normative vigenti, ovvero di rispettare le normative relative alla sicurezza alimentare e alla corretta etichettatura dei prodotti. In particolare, devono assicurarsi che i prodotti senza glutine siano separati da quelli con glutine per prevenire la contaminazione incrociata. Inoltre, devono garantire che il personale sia adeguatamente formato per gestire i prodotti senza glutine e per rispondere alle domande dei clienti sulla celiachia e sulla dieta senza glutine.

Infine, devono assicurarsi di accettare i voucher solo per l’acquisto di questi prodotti.

In caso di inadempienze, gli esercenti possono essere soggetti a sanzioni, che vanno dalla sospensione temporanea dall’elenco degli esercizi aderenti al programma, fino alla revoca definitiva dell’adesione.

Bonus celiachia, il vantaggio di disporre di un Pos abilitato

Il bonus celiachia rappresenta un’opportunità per gli esercenti, permettendo loro di ampliare la propria clientela e di contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti celiaci. Quando uno di questi fa la spesa in uno dei punti vendita convenzionati, al momento del pagamento presenta la tessera sanitaria e il codice celiachia (PIN). A questo punto, per l’esercente disporre di un terminale Pos in grado di verificare i prodotti rimborsabili e il budget personale disponibile si rivela di grande utilità. I movimenti sul valore del buono mensile sono tracciati e sicuri, le spese sempre sotto controllo grazie agli scontrini riepilogativi. Servizi come la gestione del bonus celiachia si inquadrano nell’evoluzione della digitalizzazione nei sistemi di pagamento.

Conclusione

Il bonus celiachia rappresenta una grande opportunità per gli esercenti, permettendo loro di ampliare la propria clientela e di contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti celiaci. Adottare le corrette procedure di adesione e gestione dei voucher è fondamentale per garantire il successo di questa iniziativa e per evitare eventuali sanzioni. Con l’informazione corretta e un adeguato impegno, gli esercenti possono sfruttare al meglio questa opportunità, fornendo un importante servizio alla comunità dei celiaci.

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POS PA: Come unire compliance e nuove tecnologie

24.11.2023

POS PA: Come unire compliance e nuove tecnologie

24.11.2023

POS PA: Come unire compliance e nuove tecnologie

Milioni di italiani sono alle prese ogni giorno con tasse, bolli, tributi. Da sempre il pagamento rappresenta una pietra angolare della relazione del contribuente con la Pubblica Amministrazione, sia essa centrale o locale. Stesso discorso per altri soggetti, come scuole, atenei, asl: il momento di pagare arriva e anche in questo ambito l’aspettativa è di procedere con facilità e raggiungere l’obiettivo.

Se fino a qualche anno fa bollettini postali e contanti hanno rappresentato i mezzi più comuni per pagare servizi, tributi, multe, ecc, la grande svolta si è concretizzata con la penetrazione del pagamento digitale anche nell’ambito della Pubblica Amministrazione.

Come noto, oggi i cittadini hanno a disposizione più modalità/canali per adempiere ai propri obblighi di pagamento verso la Pubblica Amministrazione, le società a controllo pubblico o altri soggetti aderenti alla piattaforma nazionale pagoPa.

L’importanza del Pos tra le opzioni possibili

Pagare online e sul territorio è diventato più semplice, grazie a una diversificata serie di opzioni che spaziano dalla possibilità di utilizzare il proprio servizio di home banking al pagamento sul sito dell’ente creditore, senza tralasciare le comodissime operazioni con l’app IO.

Uno dei maggiori vantaggi di PagoPa è quello di consentire come e dove effettuare i pagamenti, meglio ancora se da remoto e in modalità totalmente digitale. Tuttavia, non mancano le occasioni in cui si paga dal vivo, presso gli esercizi convenzionati che presentano il logo PagoPa o presso gli stessi enti allo sportello: in questi casi il cittadino ha comunque la possibilità di effettuare il pagamento in modalità cashless, con carte di pagamento o con tecnologia Nfc.

Niente di strano, quindi, se presso lo sportello dell’ufficio anagrafe o di un ambulatorio Asl all’utente viene porto un Pos per completare un versamento a fronte di un servizio erogato. Proprio come succede a soggetti di altri ambiti, attraverso il Pos gli enti consentono ai cittadini di utilizzare uno strumento che già conoscono, migliorando -lato loro- i tempi di attesa e i processi di incasso. Sebbene l’esperienza di pagamento, per il cittadino, sembrerà sostanzialmente simile a quella che avviene in ambito retail, è chiaro che alcune dinamiche sono correlate alla specificità dell’intero Sistema pagoPa.

Un Pos per esigenze precise

Per gestire applicativamente il dialogo tecnico con la piattaforma pagoPa, gli enti creditori si avvalgono infatti di uno o più soggetti terzi, siano essi partner tecnologici qualificati, partner tecnologici o intermediari tecnologici. Questa relazione rende infatti possibile l’abilitazione di quelle che sono funzionalità di piattaforma, di supporto e assistenza o accessorie, compresa la possibilità, per l’ente creditore, di incassare tramite Pos.

Diversi player, in qualità di partner tecnologici, hanno contribuito all’evoluzione digitale della Pa: nel caso specifico dei pagamenti hanno messo a disposizione soluzioni Pos che, integrate con pagoPa, implementano specifiche e funzionalità proprie di questo peculiare contesto (sia in termini di compliance che di user experience).

Come in ambito retail, gli enti possono scegliere tra le soluzioni Pos a disposizione, privilegiando facilità d’uso; flessibilità operativa in condizioni diverse (es: abilitazione ai pagamenti mobili); experience fluida in fase di setup (tanto più laddove non sia richiesta l’installazione di un software, ndr); funzionalità evolute come la conservazione digitale dei dati di pagamento; l’indirizzamento degli incassi su conti correnti diversi; il rilevamento del codice di riferimento Iuv (identificativo univoco di versamento, ndr) direttamente dalla richiesta di pagamento; la notifica in tempo reale dell’avvenuto pagamento, ecc.

Forti di un know how maturato già al servizio di altri settori, molti provider hanno contribuito con il proprio apporto a questo peculiare aspetto della digitalizzazione del processo di pagamento in ambito Pa. Centrale resta il ruolo degli enti, che creano preventivamente la posizione debitoria che viene comunicata al Pos con i suoi dati fondamentali, e quello dei Psp, i Prestatori di servizi di pagamento, che rendono possibile la procedura di attivazione del pagamento stesso.

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Commissioni POS: velocizza e unifica i pagamenti senza elevati costi fissi

04.11.2023

Commissioni POS: velocizza e unifica i pagamenti senza elevati costi fissi

04.11.2023

Commissioni POS: velocizza e unifica i pagamenti senza elevati costi fissi

Nel retail, oggi la velocità e l’efficienza dei pagamenti sono diventati fattori chiave per il successo di un’attività.

Secondo le stime di Confesercenti, tra commissioni, spese per utilizzo e installazione, i POS costano agli esercenti oltre 5 miliardi l’anno. Un risparmio si potrà avere con l’accordo siglato tra Abi e Associazione dei prestatori di servizi di pagamento e Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e Fipe, che prevede la riduzione delle commissioni per i pagamenti sotto i 30 euro e un ulteriore abbassamento dei costi per le transazioni sotto i 10 euro. C’è poi il Bonus POS, grazie al quale gli esercenti possono beneficiare del credito d’imposta pari al 30% delle commissioni addebitate per le transazioni eseguite con la carta.
Sempre più imprenditori, quindi, si stanno rendendo conto dell’importanza di unificare e snellire i pagamenti, non solo per migliorare l’esperienza dei clienti, ma anche per ridurre le commissioni associate all’utilizzo dei terminali POS (Point of Sale). È possibile unire i due obiettivi in un’unica soluzione?

Commissioni POS, integrare diverse modalità di pagamento

Oltre alla possibilità di negoziare le commissioni del POS con il fornitore del servizio, magari valutando l’opzione di un contratto a lungo termine per ottenere tariffe più vantaggiose che tengano conto del volume di transazioni previsto, una delle prime mosse da compiere per unificare i pagamenti è integrare le diverse modalità all’interno del proprio sistema di vendita. Oltre alle tradizionali carte di credito e debito, è possibile offrire ai clienti la possibilità di pagare tramite app mobili, portafogli digitali o bonifici bancari. L’utilizzo di soluzioni di pagamento online può contribuire notevolmente a velocizzare i pagamenti e ridurre le commissioni del POS. Piattaforme come PayPal o Stripe offrono servizi di pagamento sicuri e veloci e, spesso, tariffe competitive rispetto ai tradizionali terminali POS, consentendo così di risparmiare sulle commissioni.
Il nodo da risolvere è che ognuno dei vari soggetti ha un proprio protocollo, ragione per cui il punto vendita dovrebbe avere altrettanti canali per ricevere i pagamenti, ossia tanti POS. Con l’ulteriore complicazione di dover addestrare gli addetti del negozio a gestire tutti i diversi incassi.

La soluzione: Argentea AMoneyPay

Quello di unificare e velocizzare i pagamenti sembra un problema complesso, eppure la soluzione esiste ed è quella che propone Argentea con AMoney. Una soluzione modulare per il retail che, con il modulo AMoneyPay permette ai clienti di un esercizio commerciale di usare la modalità di pagamento preferita e all’esercente di inoltrare l’incasso alla banca più conveniente. L’attività in cassa viene semplificata, liberando la scelta dell’istituto bancario dai vincoli dell’infrastruttura hardware (il POS fisico). AMoneyPay permette infatti di attivare più profili bancari a cui instradare i pagamenti in base all’importo, la fascia oraria o il giorno della settimana. Inoltre, integra tutti i sistemi di pagamento elettronico: buoni pasto, alternative payment, abbracciando un ventaglio di PSP come Satispay, Wechat e altri.

E se il cliente paga con i buoni pasto?

I buoni pasto elettronici rappresentano un duplice vantaggio, per le aziende e per i dipendenti che li utilizzano, ma non devono costituire un onere aggiuntivo per l’esercente. Il modulo AMoneyBPE di Argentea coniuga perfettamente le due esigenze, rendendo la gestione dei buoni pasto semplice, veloce e sicura. Come funziona? La soluzione consente di leggere la card del buono pasto elettronico direttamente con il dispositivo POS; il collegamento della transazione di cassa con il sistema di pagamento avviene in modo automatico, senza la necessità di inserire gli importi manualmente, quindi evitando possibili errori. Inoltre, i buoni pasto elettronici possono essere letti da tutte le casse del punto vendita o ristorazione, quindi anche ai tavoli o in mobilità all’interno del locale. È assicurata la compatibilità con i più diffusi software dei registratori di cassa.

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Cosa ti serve per accettare tutti i pagamenti possibili

20.10.2023

Cosa ti serve per accettare tutti i pagamenti possibili

20.10.2023

Cosa ti serve per accettare tutti i pagamenti possibili

In un mondo sempre più digitalizzato, i consumatori si aspettano un’esperienza di acquisto fluida e senza intoppi.

Un’esperienza che includa la possibilità di utilizzare il loro metodo di pagamento preferito. Per i retailer, accettare tutte le forme di pagamento disponibili rappresenta quindi un vantaggio competitivo significativo. Vediamo quindi cosa serve a un retailer per accettare tutte le forme di pagamento possibili.


Pagamenti digitali: POS e account commerciante

Il retailer deve innanzitutto munirsi di un sistema di pagamento elettronico, fondamentale per accettare carte di credito e di debito. Questo comprende un terminale POS (Point of Sale) che legge le informazioni della carta e trasmette i dati al fornitore del servizio di pagamento per l’approvazione. Alcuni sistemi POS avanzati possono anche accettare pagamenti contactless e mobile.

Il retailer che vuole essere in grado di offrire tutti i tipi di pagamento digitale deve dotarsi di un account commerciante, un tipo di conto bancario che consente alle aziende di accettare pagamenti con carta di credito o di debito. Questo account funge da intermediario tra il conto bancario dell’azienda e il sistema di pagamento elettronico, consentendo il trasferimento sicuro dei fondi.

Portafogli digitali, soluzioni di pagamento mobile e tramite QR Code

È necessaria, inoltre, l’integrazione con i portafogli digitali, come PayPal, diventati sempre più popolari tra i consumatori per la loro comodità e sicurezza. Per accettare pagamenti tramite portafogli digitali (o digital wallet), i retailer devono integrare il loro sistema di pagamento con la piattaforma del portafoglio digitale.

Con l’enorme diffusione dell’uso degli smartphone, poi, sempre più consumatori preferiscono utilizzare soluzioni di pagamento mobile. Queste includono app, come Apple Pay e Google Pay. L’accettazione di queste forme di pagamento richiede perciò l’integrazione con queste piattaforme. Oltre al pagamento mobile è bene premunirsi per i pagamenti tramite dispositivi indossabili: smart watch, braccialetti fitness e altri. Tutti questi device utilizzano la tecnologia NFC o RFID (Radio Frequency Identification) per comunicare con i terminali di pagamento.
Anche i pagamenti tramite QR Code stanno acquisendo una crescente popolarità. Per accettare questi pagamenti, i retailer devono avere un sistema che può generare e leggere i codici QR.

Adesione ai regolamenti sulla sicurezza dei pagamenti e criptovalute

Condizione essenziale per i retailer per poter offrire tutti i tipi di pagamenti digitali è aderire ai regolamenti sulla sicurezza dei pagamenti, come lo standard PCI DSS (Payment Card Industry Data Security Standard). Ciò aiuta a proteggere le informazioni sensibili dei clienti e a rafforzare la fiducia del consumatore.

Il retailer che vuole coprire tutte le possibili forme di pagamento può prendere in considerazione anche le criptovalute, come i Bitcoin. Anche se non sono ancora largamente adottate, queste stanno lentamente guadagnando terreno come forma di pagamento. Accettare criptovalute può richiedere l’integrazione con un processore di pagamento di criptovalute, come BitPay o CoinGate.

Le soluzioni all in one semplificano la vita al retailer

Accettare tutte le forme di pagamento disponibili può richiedere un investimento in termini di tempo, risorse e tecnologia. Tuttavia, la capacità di offrire ai clienti una vasta gamma di opzioni di pagamento può portare a un aumento delle vendite, a una maggiore soddisfazione del cliente e a un vantaggio competitivo nel mercato al dettaglio sempre più affollato.

Per facilitare il lavoro e al contempo ridurre la possibilità di errori e di rifiuti da parte dei fornitori di servizi di pagamento, i retailer possono adottare soluzioni software appositamente studiate che eliminano la necessità di utilizzare un POS per ogni servizio di pagamento e di inoltrare, in modo automatico, l’incasso alla banca che offre la maggiore convenienza. In questo modo, il punto cassa diventa un vero strumento di supporto alla gestione del business, in cui l’innovazione tecnologica è un elemento chiave della trasformazione.

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Rendi più snelli i processi con la firma digitale PA

18.10.2023

Rendi più snelli i processi con la firma digitale PA

18.10.2023

Rendi più snelli i processi con la firma digitale PA

Da diversi anni la pubblica amministrazione è al centro di un poderoso cambiamento lungo diverse traiettorie.

Tra le principali figurano la migrazione di dati e applicativi verso l’ambiente cloud; l’evoluzione architetturale per favorire l’interoperabilità e lo scambio di dati tra enti; la crescita di una maggiore resilienza contro le minacce cibernetiche; il miglioramento dei servizi digitali in termini di esperienza, accessibilità, velocità, a tutto vantaggio di cittadini e imprese ma anche degli stessi professionisti della Pa.

Come in altri ambiti, questo processo di cambiamento che verte sulla digitalizzazione di processi e servizi ha reso più semplice la vita di numerosi soggetti, che un tempo si scontravano con qualche bizantinismo di troppo tipico del mondo Pa ma anche con la perdita di tempo generata dal bisogno di compiere diverse operazioni in presenza, compresa quella di firmare documenti.

L’introduzione della firma digitale

Il processo che ha portato all’introduzione nel nostro paese di firme alternative a quella tradizionale autografa si è composto di più capitoli, non sempre lineari: vale la pena ricordare il Dpr 513/1997, con il Capo II specificatamente dedicato alla firma digitale (il regolamento recava “criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissioni di documenti con strumenti informatici e telematici”) ma anche il recepimento della direttiva Ue 1999/93 che puntava ad agevolare l’uso delle firme elettroniche e a contribuire al loro riconoscimento giuridico sottolineandone la necessità nell’ambito delle comunicazioni e del commercio elettronico.

La direttiva all’epoca parlava di firma elettronica (Fes, firma elettronica semplice, ndr) e firma elettronica avanzata (Fea): per quest’ultima stabiliva una serie di requisiti, come la connessione in maniera unica al firmatario, la creazione con mezzi su cui il firmatario conservava il controllo esclusivo, ecc. Ma a questo quadro di possibilità, ancora oggi valido, va aggiunta la Firma elettronica qualificata: come ricorda l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale, ndr), “la firma elettronica qualificata- o digitale- è il risultato di una procedura informatica, detta validazione, che garantisce l’autenticità, l’integrità e il non ripudio dei documenti informatici”.

Grazie alla firma digitale, sinonimo, come detto, di firma elettronica qualificata, contratti, bandi di gara, ordini di acquisto e numerosi altri adempimenti che intercorrono tra persone fisiche e pubblica amministrazione sono diventati più semplici da gestire, senza perdere nulla in termini di validità legale. In ballo, quando si parla di firma digitale, ci sono vantaggi nodali, che pari sono per la Pa e per chi si confronta con lei: l’efficienza del workflow documentario, la produttività, la velocità di flussi di diverso tipo (pagamenti, transazioni, ecc)

Firma digitale locale o remota

Per dotarsi di una firma digitale, le persone fisiche, siano esse “cittadini, amministratori e dipendenti di società e pubbliche amministrazioni” devono rivolgersi a prestatori di servizi fiduciari qualificati, siano essi soggetti pubblici o privati che, riconosciuti tali da Agid, garantiscono l’identità dei soggetti che utilizzano la firma digitale.

La possibilità di utilizzare una firma digitale ha certamente prodotto uno snellimento di numerosi processi e ha allineato, anche dal punto di vista dell’experience tecnologica, quella che è da sempre una procedura burocratica a un atto più smart e contemporaneo.

La firma digitale può essere utilizzata da remoto ma anche in modalità locale. Nel primo caso, non sono necessari dispositivi fisici. Basta semplicemente connettersi alla rete da un dispositivo personale, utilizzare il software o l’app del prestatore del servizio scelto previa autentificazione che avviene via Otp (one time password): la firma viene generata su un Hsm (hardware security module) che è sotto la responsabilità del certificatore accreditato.

Ma la firma digitale si può utilizzare anche in modalità locale: è utile tenere conto di questo aspetto, perché in questo caso la scelta di un prodotto di firma digitale equivale alla scelta di un tool che appartiene fisicamente al titolare (es: una smart card o un token per la firma digitale).
La firma digitale ha cambiato volto ai processi documentali ma anche a quelli autorizzativi, particolarmente importanti per i professionisti della PA: era così fin dalle origini, ma lo smartworking in pandemia ha confermato che è fondamentale poter esercitare, anche lontano dall’ufficio, le stesse funzioni e prerogative senza dover presidiare la scrivania.

Gli enti pubblici che si servono quindi della firma digitale al fine di assicurare integrità, autenticità e non ripudio del documento informatico possono scegliere il provider che offre le soluzioni più giuste per le esigenze legate ai processi autorizzativi ma anche per tutti quegli aspetti più di background che possono tornare utili in particolare a responsabili e dirigenti, come l’utilizzo di piattaforme dedicate per verificare la presenza di documenti in attesa di approvazione.

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La sfida del contactless: i quattro “pilastri” per i retailer

27.09.2021

La sfida del contactless: i quattro "pilastri" per i retailer

27.09.2021

La sfida del contactless: i quattro "pilastri" per i retailer

Il boom dei pagamenti senza strisciare la carta promette di continuare anche dopo la pandemia, con tecnologie sempre più avanzate. Ecco verso quali direzioni devono muoversi gli esercenti per non farsi cogliere impreparati

Nel corso del 2020 gli acquisti con carte contactless in Italia sono cresciuti del 29% in termini di valore rispetto all’anno precedente, toccando quota 81,5 miliardi di euro. Un chiaro effetto legato alla pandemia: una forma di pagamento che non prevede nessun tipo di contatto fisico assicura evidenti benefici da un punto di vista igienico-sanitario. Ma non si tratta dell’unico vantaggio del contactless: i consumatori hanno avuto modo di prendere confidenza con un sistema pratico e veloce oltre che capace di garantire transazioni sicure. Tutto fa quindi supporre che questa abitudine sarà sempre più radicata negli italiani anche una volta archiviata l’emergenza Covid. Anche perché ormai i POS abilitati al contactless sono il 90% del totale e il 70% delle carte di pagamento in circolazione è dotata di questo dispositivo. Mentre un’altra spinta è arrivata dall’innalzamento della soglia massima per le transazioni contactless: dallo scorso 1° gennaio è stata portata da 25 a 50 euro

Per i retailer questo cambio di rotta può comportare alcuni vantaggi organizzativi (e di conseguenza anche economici) come la riduzione delle code alla cassa e nelle postazioni self-service e la semplificazione della pulizia dei lettori di carte. L’importante è non farsi trovare impreparati, dotandosi degli strumenti necessari per riuscire a offrire ai propri clienti un’esperienza contactless soddisfacente e sicura. Ayden, piattaforma per la gestione dei pagamenti, ha individuato quattro “pilastri” tecnologici di questo nuovo paradigma commerciale. Quattro tendenze che vanno oltre l’ormai diffusa carta contactless e che promettono di prendere sempre più piede in un futuro non troppo lontano. 

Il primo è il mobile wallet, lo strumento virtuale che permette di pagare senza avere fisicamente in mano una carta e di saldare importi anche superiori alla soglia dei 50 euro fissata per il contactless. Giganti come Apple, Google e Samsung (solo per citarne alcuni) già offrono servizi di questo tipo: per i negozianti quindi è cruciale attrezzarsi per rispondere a una domanda della clientela che sarà senz’altro in aumento.

Un’altra necessità emersa con la pandemia è la riduzione delle occasioni di contatto fisico tra le persone all’interno degli spazi di vendita. Le code alle casse erano poco gradite già in era pre-Covid, figuriamoci ora. Una buona soluzione per gli esercenti è dotarsi di mobile POS, abilitando così il proprio personale all’accettazione dei pagamenti in qualsiasi punto del negozio. 

Un’altra modalità di acquisto nata per ridurre le code e divenuta particolarmente apprezzata negli ultimi tempi è quella tramite app, con successivo ritiro del prodotto in negozio. Importante per i retailer è riuscire a offrire un servizio all’altezza in fase di checkout e tagliato su misura per ogni cliente. In tal senso si inserisce la quarta tecnologia individuata come fondamentale per i retailer, quella del Pay by Link: il cliente non deve più interagire con un terminale POS in negozio, ma potrà effettuare il pagamento tramite un link (inviato tramite email, chat o SMS) che lo indirizza verso una pagina di pagamento sicura. 

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Bonus Bancomat, la nuova strategia per disincentivare l’uso del contante

27.09.2021

Bonus Bancomat, la nuova strategia per disincentivare l'uso del contante

27.09.2021

Bonus Bancomat, la strategia

 

Sospeso il Cashback, il governo punta sugli sgravi per partite IVA ed esercenti: agevolazioni fino a 480 euro per chi si dota di POS e strumenti evoluti per archiviare e trasmettere le fatture e ulteriore sforbiciata alle commissioni sui pagamenti elettronici 

Messo in stand by almeno fino al termine del 2021 il programma Cashback, il governo Draghi ha scelto un’altra strada per provare a dare un’ulteriore spinta ai pagamenti elettronici in Italia. Si tratta del cosiddetto Bonus Bancomat, nuova iniziativa che si inserisce all’interno dell’ampio piano Cashless mirato a contrastare l’evasione fiscale tramite la diminuzione dell’uso del contante. 

Se il Cashback era destinato ai consumatori, stavolta l’esecutivo punta a incentivare professionisti e partite IVA a dotarsi degli strumenti necessari per ricevere pagamenti tramite carte e a prediligere questo sistema rispetto al contante. Sono previsti fino a 160 euro di rimborso (sotto forma di credito di imposta) per le spese legate a acquisto o noleggio del POS e un contributo fino a 320 euro per chi acquista o prende a nolo degli strumenti per archiviare e trasmettere fatture e pagamenti (come ad esempio le nuove casse smart). Il beneficio finale recuperabile tramite dichiarazione dei redditi può dunque arrivare fino a 480 euro. L’importo dello sgravio fiscale è variabile e diminuisce all’aumentare dei ricavi dell’attività. Per quanto riguarda le spese legate al POS, fermo restando il tetto massimo di 160 euro il rimborso è del 70% per chi incassa meno di 200mila euro annui, del 40% tra 200mila e 1 milione di euro, del 10% tra 1 milione e 5 milioni di euro. Per le spese di acquisto o noleggio di strumenti di pagamento elettrici tecnologicamente evoluti, il rimborso (tetto massimo di 320 euro) è invece del 100% per chi incassa meno di 200mila euro l’anno, del 70% per ricavi tra i 200mila e 1 milione di euro e del 40% per ricavi tra 1 milione e 5 milioni di euro. In entrambi i casi sono escluse le partite IVA che incassano cifre superiori ai 5 milioni di euro l’anno. Va sottolineato che i crediti d’imposta sono utilizzabili solamente in compensazione: per beneficiarne bisognerà produrre al commercialista o al CAF la documentazione attestante le spese sostenute e i guadagni. 

Accanto a questo pacchetto di misure, il governo ha deciso anche di mettere in campo un ulteriore taglio delle commissioni legate ai pagamenti POS. Lo sconto in questo caso è stata portato al 100% (in precedenza era stato fissato al 30%) per tutti i pagamenti ricevuti tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022. In sostanza, in questo lasso di tempo esercenti e professionisti non dovranno versare commissioni quando i clienti pagano con carte di credito, debito o altri sistemi evoluti. 

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Alleanza europea per gli e-payments

28.07.2021

Alleanza europea per gli e-payments

28.07.2021

Alleanza europea per gli e-payments

L’European Payments Initiative coinvolge le maggiori banche del continente e punta a creare, nel giro di due anni, un’alternativa all’attuale oligopolio di colossi americani e realtà cinesi in grande crescita

 

L’emergenza Covid ha dato un’ulteriore spinta agli e-payments, che già mostravano un tasso di crescita impetuoso prima dell’esplosione della pandemia. Per restare solo in Italia, Paese non certo al top per penetrazione dei sistemi di pagamento digitali, nel 2020 si sono registrate 5,2 miliardi di transazioni, che rappresentano un terzo del valore totale dei consumi (dati dell’Osservatorio sugli Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano). La tendenza è globale, e mette in luce come i servizi di pagamento digitale siano quasi completamente in mano a colossi americani: Mastercard e Visa (ora gestiscono 4 transazioni su 5), ma anche Paypal fino ad arrivare ai sempre più utilizzati servizi forniti da Google e Apple. E l’Europa? Finora il Vecchio Continente è rimasto ai margini di questa cruciale partita. Ma presto lo scenario potrebbe cambiare, con la nascita di un nuovo circuito europeo di pagamenti. Il tentativo era già stato fatto dieci anni fa con il progetto Monnet, naufragato però dopo pochi mesi. Stavolta la sfida si chiama European Payments Initiative e coinvolge 31 banche (tra cui colossi come Deutsche Bank, Bnp Paribas, Ing, Unicredit e Santander) e due elaboratori di servizi finanziari del blocco comunitario. L’obiettivo è quello di dare vita a un campione europeo dei pagamenti in grado di garantire servizi come e-commerce, acquisti in negozio e ritiro di contanti ai bancomat ma anche di sperimentare nuove modalità in grado di rendere sempre più semplici le transazioni, attraendo così i clienti. La roadmap è già stata tracciata: sviluppare i primi servizi già nel 2022 per poi arrivare alla migrazione delle carte verso il nuovo sistema nel corso del 2023.

La strada pare delineata, ma resta da vedere se l’ambizioso progetto riuscirà a tradursi in realtà. Questa volta, a differenza di quanto accadde con Monnet nel 2011, è arrivato un convinto sostegno a livello politico da parte della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea. Istituzioni che, anche in virtù della guerra commerciale scatenata dagli Usa sotto l’amministrazione Trump, sembrano essersi persuase dell’importanza di compiere un ulteriore passo verso una maggiore sovranità economica. Anche perché l’impetuosa avanzata della Cina nel campo dei pagamenti elettronici rischia di tagliare fuori del tutto il Vecchio Continente da una partita cruciale per il futuro. Il rischio, indicato chiaramente da Joachim Schmalzl, presidente della European Payment Iniziative, è che l’attuale oligopolio degli e-payments possa sempre più “danneggiare consumatori e commercianti, indicando tariffe relativamente elevate”.

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La strada tracciata degli e-payments

28.06.2021

La strada tracciata degli e-payments

27.05.2021

La strada tracciata degli e-payments

Dopo il boom del 2020 spinto dalla pandemia e dagli incentivi, il trend della rivoluzione digitale in tema di pagamenti continuerà e si espanderà nel 2021

I dati sono talmente chiari e le opinioni talmente diffuse che si può sostenere che in Italia la “rivoluzione digitale” sia esplosa nel settore dei pagamenti. Secondo l’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, 1 euro su 3 viene trasferito tramite sistemi digitali, per un valore totale di 268 miliardi transati nel solo 2020, ovvero il 33% dei consumi (+4% rispetto al 2019).

Il termine “rivoluzione” non è peraltro iperbolico considerando che l’Italia è tra gli ultimi Paesi d’Europa in materia di e-payments (al 24esimo posto su 27 per transazioni pro-capite con carte elettroniche). Gli analisti concordano anche nel dire che la pandemia da coronavirus abbia influenzato positivamente il fenomeno, con un vero e proprio boom dell’e-commerce (leggi il nostro articolo a riguardo) e dei servizi di pagamento delle utenze domestiche (bollette, bollettini, telefonia), aumentati del 15% in un anno (1,3 miliardi di euro in valore). Gli acquisti contactless hanno raggiunto quote del +29% (81,5 miliardi) e tra mobile payment e wearable payment la crescita monstre è stata dell’80%.

Un trend che si manterrà anche quest’anno e che dovrebbe aumentare, secondo alcuni esperti. Una leva decisiva verso l’alto potrebbe averla il ridimensionamento del Piano Cashless introdotto dal governo Conte bis ma anche alcune iniziative già promosse, come quella dell’innalzamento del limite dei pagamenti contactless senza necessità di Pin (a 50 euro da gennaio 2021) e l’integrazione definitiva dei servizi di pagamenti da smartphone. Proprio quest’ultimo argomento è stato affrontato dal white paper “Eba-McKinsey “The Future of european payments: strategic choices for banks”, secondo cui “è probabile che i primi anni dopo il 2020 diventino un punto di svolta per i pagamenti”. In particolare, la pandemia ha rafforzato l’impegno delle banche “a investire in aree come la digitalizzazione dei percorsi dei clienti, l’introduzione del machine learning e il miglioramento della resilienza tecnologica e operativa”. Alla luce dell’indagine che ha coinvolto decine di dirigenti del settore finanziario (concordi sull’importanza del fare squadra con i partner dell’ecosistema), per Wolfgang Ehrmann, presidente dell’Eba, “le banche devono affrontare molteplici scelte strategiche e hanno una serie di opportunità di collaborare con i partner per attività e applicazioni selezionate”. I consumatori più attenti al digitale, inoltre, aspettano di comprendere l’effettiva portata delle regole sull’autenticazione forte (SCA) per i pagamenti online.

Fonti:
Osservatorio Innovative Payments – Politecnico di Milano (2021)
Agenda Digitale 
The Future of european payments: strategic choices for banks” Eba-McKinsey

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