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Intelligenza artificiale, la nuova frontiera del retail

27.10.2021

Intelligenza artificiale, la nuova frontiera del retail

27.10.2021

Intelligenza artificiale, la nuova frontiera del retail​

Nel post pandemia diventa ancora più fondamentale dotarsi di infrastrutture e tecnologie capaci di garantire ai clienti un’esperienza di acquisto su misura e di rendere più efficienti i processi logistici e di gestione del magazzino

Il boom dell’e-commerce innescato dalla pandemia è sotto gli occhi di tutti, certificato da un’infinità di dati e ricerche di mercato. Le restrizioni anti-Covid hanno letteralmente rivoluzionato il mondo retail, portando nel giro di pochi mesi a cambiamenti che in condizioni normali avrebbero probabilmente richiesto anni. Anche dopo l’allentamento delle restrizioni, chiunque gestisca un’attività commerciale non può permettersi di ignorare i nuovi strumenti sviluppati con l’intento di fornire ai clienti un’esperienza di shopping su misura, piacevole e all’insegna della piena sicurezza. 

Per fare tutto ciò è necessario puntare sulla tecnologia e sulle applicazioni IT. Un esempio concreto? Il moltiplicarsi dei chioschi per il self checkout, utili per garantire il distanziamento fisico, la riduzione delle code alle casse e incentivare l’uso dei metodi di pagamento elettronici, comporta la necessità di dotarsi di reti wireless più affidabili e di dispositivi POS di ultima generazione. Si tratta di esigenze già emerse nel periodo pre-Covid ma che sono balzate all’ordine del giorno dei retailer in maniera prepotente proprio durante la pandemia. 

Altro aspetto da considerare è l’aumento esponenziale della concorrenza sul mercato online: con il moltiplicarsi degli e-shop è vitale per ogni attività riuscire a catturare l’attenzione del potenziale cliente, e riuscire poi a fidelizzarlo. molti retailer puntano a personalizzare al massimo la shopping experience: servizi di localizzazione interni mirati, promozioni in-store, concierge virtuali. Ovviamente per battere con successo questa strada occorrono strutture all’altezza: blackout dei data center, applicazioni lente o falle nella sicurezza non sono consentiti e rischiano di far perdere potenziali clienti. 

Il retailer che vuole restare competitivo dovrà quindi tenere conto di tutti questi aspetti. Le soluzioni IT tradizionali, manuali e network-centric rischiano di dimostrarsi non all’altezza delle sfide dei prossimi anni. Nuove infrastrutture guidate dall’intelligenza artificiale diventeranno la normalità, grazie alla capacità di garantire il livello di automazione e operatività per ottimizzare la shopping experience in negozio ma anche le mansioni del personale nei magazzini e nei centri logistici. Le reti AI-driven sono destinate a diventare il plus principale per distinguersi dal competitor: il loro grande potenziale, se sfruttato a pieno, promette di garantire un vantaggio decisivo in termini di efficienza dei processi, risparmio di denaro e customer engagement. 

#e-payments
#EuropeanPaymentsInitiative
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Quanto pesa la crisi dei chip

27.10.2021

Quanto pesa la crisi dei chip

27.10.2021

Quanto pesa la crisi dei chip​

Dai lockdown del 2020 alla ripresa fino alla sospensione delle produzioni industriali per la carenza di semiconduttori: come si è arrivati fin qui.

Da qualche mese gli effetti indiretti della pandemia Covid hanno riempito pagine di giornali e notiziari tv. D’altronde ciò che prima era una previsione ora si sta trasformando in drammatica attualità.E ai più sfugge il senso della “crisi dell’energia” e dalla “crisi dei chip”. Proprio perchè non è facile comprendere come si sia scatenata tale tempesta nel mondo industriale (che poi si ripercuote nelle famiglie e nel singolo).

Ebbene, le conseguenze dirette della pandemia sono quelle tristemente famose: infezioni, contagi, ricoveri, decessi, ospedali sotto pressione, restrizioni. Le conseguenze indirette riguardano il tessuto sociale e produttivo che accusa maggiormente i vituperati “lockdown”. Ma anche la sospensione del lavoro nelle fabbriche e l’approvvigionamento di materie prime.

Tra gli effetti più pesanti, al di là dell’impennata dei prezzi dell’energia (che non è affatto secondaria, dato che spinge le aziende a razionare e addirittura a sospendere la produzione, in una sorta di domino), c’è quella della carenza dei microchip. Un’offerta che si è via-via ridotta, riflettendo le difficoltà e le richieste pre e post lockdown. Dopo aver affrontato l’emergenza acuta della Covid, le industrie hanno dovuto far fronte a una
domanda di chip che è cresciuta soprattutto nel settore delle Tlc (telefonia mobile e reti): i colossi del settore hanno così assorbito gran parte della quota di semiconduttori presenti sul
mercato.

Durante le chiusure generalizzate le aziende hanno tentato di fare scorta (ricorrendo ai magazzini dei fornitori) ma alle riaperture c’era una richiesta talmente elevata di semiconduttori che persino colossi come la Tsmc taiwanese non hanno potuto garantire le commesse. Ciò ha prodotto uno sbilanciamento: i chip sono essenziali per la grande industria dell’automotive, che nel mondo impiega milioni di addetti. Tanto per avere un’idea, i microdevice pesano per il 30% del costo di un veicolo del segmento premium. Ma i chip si usano davvero per tutto: anche uno spazzolino elettrico
li monta. E nonostante siano stati i maggiori beneficiari di scorte e nuove forniture, anche i colossi dell’hi-tech ora ne lamentano la carenza. Tanto che si parla già di “Natale sottotono”.

La pandemia ha insomma ritardato la domanda con i produttori (che inizialmente si sono troppo “rilassati”) e ha rallentato di fatto investimenti e domanda (per effetto della comprensiva prudenza del 2020).

Poi, nel momento della ripresa, ci si è trovati senza una capacità produttiva sufficiente. Secondo i beninformati, la soluzione più ovvia sarebbe quella di costruire nuove fabbriche di semiconduttori (che richiedono ingenti investimenti e tecnologie di altissimo livello).


La stima (peraltro ottimistica) è che comunque serviranno almeno 2-3 anni prima che si
comincino ad aumentare le scorte di chip.

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